sabato, dicembre 23, 2023

 

Round Midnight: (La notte leoni) di Stefano Frassetto


Round Midnight: (La notte leoni) di Stefano Frassetto


   Si chiamasse Steve Frassett, fosse vissuto nell’epoca d’oro delle pagine di comic strip sui quotidiani, oggi sarebbe osannato come uno dei migliori eredi di Schulz e dei suoi Peanuts, o di Hart con B.C.
Invece si chiama Stefano Frassetto ed è il più divertente e imprevedibile autore italiano di strisce umoristiche, un genere di fumetto popolare e immortale.
Round Midnight è la raccolta delle strisce, inedite in Italia, pubblicate negli ultimi due anni su un giornale svizzero. Dopo pochi quadretti si entra velocemente in familiarità con i personaggi della serie, Edoardo e Pedro. Vivono in un piccolo appartamento, 35mq, in un condominio disastrato e disastroso e hanno intorno una fauna sociale tipicamente nostrana, riconoscibile ed esilarante.
Una serie dalle trovate inesauribile con una comicità imprevedibile e mai telefonata, arrivata ora a 2710 strisce.
Il libro è una occasione per scoprirla o ritrovarla ma vi consigliamo anche la precedente raccolta "35 MQ: 2012/2022 Dieci anni di inettitudine", sempre reperibile su Amazon.
Scoprirete anche tante utili informazioni pratiche. L’occupazione in cui si lavora meno al mondo e le ragioni per abbandonarla. Come evitare incidenti con le bambole gonfiabili o il trucco per rimorchiare fanciulle in giro con un cagnolino. Sempre che non vi caschi prima il libro dalle mani per le risate.  

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sabato, luglio 08, 2023

 

LE DUECENTO STRISCE DI BIG BANG

la prima striscia della serie Big Bang



Febbraio 2009, iniziò tutto così. Massimo Cavezzali era riapparso su Facebook, filosofeggiava per un paio di amici qualche nota su Facebook. Il “faccialibro” non era ancora quella bestia monopolizzatrice di oggi.

Parole senza disegni. Come scoprirete tra poco, lui che aveva pubblicato strisce e vignette su millanta riviste, non sapeva neppure più dove fossero in casa carta o pennarelli. Così diceva. O forse non c’erano davvero, lasciamo dilatare la leggenda. Scrivere, quello sì, non aveva mai smesso, un paio di gialli sfrontati con il compare Ciantini, testi sparsi qua e là, i neuroni non avevano mai staccato dal pensare bislacco.

Questo scambio di mail è la storia della nascita di Big Bang, serie ora arrivata alla duecentesima striscia. Ma anche il racconto del ritorno di un grande spiritello del fumetto, tra imprecazioni (niente censure, è divertente così), tentennamenti ed incitamenti.

Dovevano essere otto. Duecento è una bella cifra signor Cavezzali, ne vogliamo almeno altre ventordici.

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Caro Massimo, 


in questi giorni sono alquanto svogliato con la tastiera. Andrò subito al punto, anche perché Sauro
[N.D.R. Ciantini] dovrebbe averti accennato già qualcosa.

Vado matto per le strisce, una passione cresciuta con il tempo. Un giorno, tempo fa, non sapendo come farmi del male diversamente, anziché fare il bravo lettore e basta, ho pensato bene di avviare progetti in questo genere di fumetto trascurato e malfamato .….

…..Mi sono divertito molto con il tuo filosofare su Facebook e l’unico rimpianto ora che l’ho lasciato sono le cose che scrivevi. Conosco un po’ delle tue vecchie tavole. Mi piacerebbe, tanto per iniziare, portarti nel gruppo di Balloons. Si potrebbe iniziare pescando senza fatica strip tue d’archivio e dovresti averne un bel po’ dai tempi di Comix. Poi se avessi voglia di riprendere, anziché cazzeggiare su facebook per quattro gatti
[N.D.R. allora erano davvero pochi, oggi ha un giro di 8000 lettori circa tra amici e iscritti agli aggiornamenti] che nemmeno capiscono l’acume intenso di quei pensieri, sarebbe fantastico.

Signor Cavezzali [cambio di registro] ho una missione per conto di Dio: rilanciare la striscia. Ho visto la luce. Giro come i Blues Brothers. Questa è una chiamata all’arruolamento.

 Ciao, 
Max

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Ciao Olla,

vado in disordine :

1) su facebook faccio il vecchio e il mare. Mi dispiace che non ci sei più come pesce. Eri un bel pesce vivace. 

2) le strisce lo ho fatte per anni, i primi anni facevo solo strisce... le pubblicava il Mago Mondadori, tanto tempo è passato... ne ho fatte a centinaia ma non sono utilizzabili...

dopo ho fatto storie, tavole, vignette singole, cose miste, ibridi.. ...ma non strisce, erano i tempi in cui le strisce erano passate di moda e non le voleva nessuno... comunque fare le storie mi divertiva di più...anche se a fare e vignette singole mi sono divertito, specialmente quelle sulla musica...
Idem su Comix.

Qualche anno fa, cinque mi pare, ho ripreso a fare una striscia, con Camerini,  "Kika", io faccio schizzi e testi, Camerini fa i disegni e a volte, i testi. Lupo Alberto pubblica sei pagine di questa striscia tutti i mesi. ormai sono oltre mille quelle pubblicate.

Riassumendo non ho strisce d'archivio da usare, a parte appunto Kika e dovrei forse fare una striscia nuova... non so... devo pensarci...magari la cosa mi diverte....forse potrei.

 Massimo Cavezzali

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Caro Massimo,

….Su Balloons  hai la possibilità di farti conoscere molto più che con quel sitarello incasinato
[N.D.R. il suo blog personale]. Abbiamo 1400 lettori alla settimana,  è il punto di riferimento di questo genere sul web italiano. In fondo si tratta di 4 strisce al mese. Poca roba per uno come te che pubblicava in 30 riviste contemporaneamente. Storielle lunghe ne fanno tutti, anche strisce, ma quel magico dono di sintesi e sorpresa l’hanno in pochi. Sarebbe ora di far vedere a queste nuove generazioni chi ha matita e palle nelle strisce.

Ma oserei di più. L'idea di tenere a battesimo una nuova striscia di Cavezzali sarebbe un onore per noi. A una bella mano veloce ma efficace come la tua quanto ci vorrà a disegnare una striscia? …..Davvero il Cavezzali esita?

Max

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ciao Olla,

Fammi pensare se mi viene una cosa che mi piacerebbe fare... di striscia nuova intendo....
deve piacermi farla, sennò non la faccio...
di routine faccio già abbastanza, non credo che vuoi che faccia routine anche per te...
le strisce vecchie no... erano quello che ero, non sono quello che sono....
ho vissuto, un po’ di pelli e penne le ho cambiate.

A questo punto potrei tornare solista anche per i fumetti anche se i fumetti non li avevo considerati.
Magari dopo dirò: grazie Olla.

Massimo Cavezzali

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Forse potrebbe essere che faccio questa striscia.

Un po’ vecchia un po’ nuova.
Il nome ce l'ho.

Il problema è che non mi ricordo più come si fa a squadrare una striscia. Ne ho provata una ed è venuta tutta bistorta.

Olla.... mi stai facendo sudare....ho un pennarello di 24 anni fa. Cazzo. Mi tocca  anche comprarlo.
Per la carta uso i margini bianchi del libro di Palmiro di Ciantini. Almeno quel libro serve a qualcosa.

Massimo Cavezzali


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Cavezzali (mi adeguo al registro, sono uno zelig),

dacci dentro, la squadratura storta sarà segno di noncurante creatività. Avere un titolo è quasi tutto, ci sono opere che hanno solo quello. E a qualcuno bisogna pur darla a bere. Il pennarello è un problema serio invece. Vendi quello vecchio su ebay come reperto di archeologia industriale, c’è sempre qualche collezionista coglione e prendine uno strafigo che scorre alla velocità delle tue idee.
Un po’ vecchia e un po’ nuova è il massimo.

Max


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circa ci siamo. tre o quattro al momento, accettabili . Due o tre, possibili. Le devo anche ridisegnare, comunque. Ho sbagliato pennarello. Adesso ho trovato quello giusto. Un troiaio di pennarello, ma funzionale.

Sarà una striscia dal disegno essenziale. Come le strisce storiche.

Essenziale ma nel mio stile.
Per farla breve, il solito.
Penso di farne otto. 

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mercoledì, giugno 28, 2023

 

CONVERSAZIONE CON CAVEZZALI (ovvero l’intervista definitiva)

 Quanto tempo è passato dalla scomparsa di Massimo Cavezzali? Un mese, due? Che importanza ha? A pera, fregandocene un po’ dei tempi del bordello social, lo vogliamo ricordare così, recuperando questa intervista con lui del giugno 2011. Avrei voluto solo ricicciarla ma ha richiesto un restauro perché tutte le immagini erano scomparse. Per il resto non è stata toccata una consonante, né una vocale. A tratti è commovente, troverete la prima striscia della sua vita. Ma soprattutto, non si era mai raccontato così.

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Il titolo è un po' borioso, con Massimo Cavezzali non c'è alcunché di definitivo. Sta attraversando il quarto decennio di strisce, vignette, storielle a fumetti e andrà avanti ancora. Di persona vedi l'eterno ragazzo, riccioli lunghi e giubbotto e jeans. Come se il tempo gli passasse liscio, giusto un po' di grigio, appena impolverato, ma non guasta, anzi. Ma attenzione: non ha niente dell'auto d'epoca, non fa parte delle memorabilia viventi degli anni '70 e '80. Lo stile è eterno e forse non invecchierà mai, sarà sempre meno datato della generazioni successive. L'ascolti, lo guardi e ti accorgi che non appartiene a nessun tempo. Come i suoi fumetti. Qualcuno sostiene che è un panda da proteggere ma nella foresta si arrangia benissimo ed è felice così, come scoprirete tra poco .È più una conversazione che un'intervista. E ci siamo divertiti molto, arrivando a un finale epico che passa anche per la nascita, dopo aver appreso dove Cavezzali tiene il suo prezioso archivio.
Magari definitiva no, ma questa volta ve lo raccontiamo davvero.





[Max Olla] C'è uno tra i tuoi filoni umoristici che mi incuriosisce particolarmente. È quasi un tema di fondo che ricorre e ritorna spesso. Lo definirei: la spiritualità. Già ai lontani tempi della rivista Il Mago una delle tue prime serie aveva Dio (S.p.A.) nel titolo. Da ultimo quando hai ripreso a disegnare strisce qui su Balloons, davanti al foglio bianco (da cercare con le matite perché ormai non sapevi più dove stavano in casa) ti è venuta fuori Big Bang, ambientata tra vecchio e nuovo testamento, creazione, divinità. Non solo: nelle vignette che sparpagli su Facebook, persino in Kika, le riflessioni universali ed esistenziali si sprecano. Certo c'è la gag, l'inversione logica surreale, la presa in giro dei luoghi comuni. Ma il tema ti piace assai. Occhio e croce non sembri tipo da catechismo il pomeriggio della domenica, nemmeno da dibattiti filosofici. Da dove arriva questa "spiritualità"?


[Massimo Cavezzali]
Umorismo e spiritualità sono vecchi amici. Ho letto che è uscito fresco fresco un libro: il percorso di un comico che si interroga su Dio. Ripercorre un po' la continua ricorrenza a temi spirituali: Dio e diavolo, creazione e apocalisse, inferno e paradiso, in tutta l'opera di Roberto Benigni.
Più o meno anch'io, diciamo, senza fare accostamenti bischeri, percorro strade simili.
Il tema mi piace assai, è vero. Perché? Per indole credo o forse è colpa dell' irrequietezza cronica. O dell'esistenzialismo adolescenziale che si è trovato così bene con me da non andarsene mai. O della tendenza a fare un po' il bullo, di accettare sempre la sfida di sapere rispondere ai mutamenti. Ci metto anche un po' la vanità di fare l'araba fenice. E senza merito, di avere sempre quel gatto attaccato ai coglioni che è la voglia di comunicare. Di sicuro mi piace provare ad andare oltre il ridere.



Questo è interessante, perché magari si immagina l'umorista di strisce e vignette come un compagnone ridanciano e leggero. Talvolta non si percepisce come tra comicità e riflessioni sulla vita non ci siano confini.

Facciamo il punto sul tuo umorismo e sul tuo procedimento creativo: non ti piace la cronaca, non ricordo di averti visto fare satira politica e nemmeno tanto sociale, ti piacciono i temi universali. Solo quando parli di musica ti agganci a personaggi reali, come l'amato Vasco. Tanto che le tue tavole sembrano senza tempo, quelle di dieci o venti anni fa funzionano ancora adesso e viceversa quelle di oggi potevano uscire trent'anni fa. Queste riflessioni sghembe, gli aforismi imprevedibili e bizzarri, i dialoghi singolari delle tue strisce, quando ti saltano in testa? In giro per la città, il fine settimana nei tuoi giri per mercatini? Li fermi su appunti o li butti giù direttamente assieme al disegno? E che cosa li innesca?

[Massimo Cavezzali] Hai detto bene. La satira politica mi deprime. E non voglio trarne profitto. Cerco di fuggire opportunismi e meschinità. E sono anche sociale il giusto. La musica è ben altra cosa. La musica mi piace. E se una cosa mi piace posso cazzeggiare e sbeffeggiarla. Quello che non mi piace non mi suscita niente.
Per quanto riguarda invece il procedimento creativo, ho dei meccanismi abbastanza automatici.
Situazioni ideali, come in macchina ( ho anche disegnato molto in macchina - macchina ferma intendo - parcheggiata sempre col muso verso l'uscita, per scappare prima, casomai.), in treno, possibilmente seduto vicino alla porta del corridoio o al tavolino di un bar (altra situazione dove ho disegnato abbastanza e sempre tenendo d'occhio l'uscita).

Scusa, perché sempre con un occhio alla via di uscita? per scappare da cosa?

[Massimo Cavezzali] Ready to run ...scappare da niente di preciso, però sempre pronto... è uno stato di allerta che mi viene naturale.
Mediamente butto giù appunti su carta da fotocopie A4, compresa la carta da fotocopie ecologica che all'inizio mi faceva schifo scriverci sopra ma adesso mi ci sono abituato, ma anche sui giornali, bordi e spazi, fogliazzi vari. Mi va bene tutto. Scrivo con la mia calligrafia poco leggibile e in fretta.
Spesso questi appunti poi non servono. Un po' perché non capisco cosa ho scritto e un po' perché la cosa giusta da scrivere mi viene invece poi lì per lì, immedesimandomi e senza nessuna preparazione.


Non so perché ho fatto la domanda, avremmo dovuto immaginare che non c'è alcun metodo nella follia di quelle tavole.
Hai sempre pubblicato sin dall'inizio, per bravura e fortuna. Con continuità su riviste a discreta diffusione. E con il tempo hai accumulato un buon numero di estimatori, un tuo pubblico di lettori, con tutta probabilità molto più vasto di quello folto che hai ritrovato su Facebook.. Due domande che hanno un sottile collegamento. La prima: come mai non hai mai mollato il tuo lavoro di impiegato e mai voluto (o potuto forse) farne una professione del disegnatore umorista? Che so, come Totaro o Ciantini o altri ancora, che un giorno si sono alzati e si son detti: "beh, voglio campare di questo". (io avrei un'ipotesi, ma te la dico dopo).

[Massimo Cavezzali] Mai avuto uno studio. Nonostante tutte le cose che ho pubblicato. Nonostante la resistenza di 35 anni di fumetti. Nonostante tutti quei libri e libretti . Mai avuto uno studio anche se ogni tanto ci ho pensato. Mi ci sono anche immaginato, lì, dentro lo studio, a cercare una scusa per uscire subito fuori.

Mai pensato di lasciare il lavoro. O anzi si, all'inizio, e in quel lungo periodo quando pubblicavo in sei sette riviste contemporaneamente, prendevo il taxi per andare a comprare le matite ed ero anche un po' stressato. Ma poi via via ci ho pensato sempre meno, fino a sentirmi adesso un po' inebriato di essere libero di fare quello che mi pare, senza necessità economiche anzi, terrorizzato di dovere emettere qualche nota.
Semmai forse, più che in uno studio, mi sarei visto in una specie di caverna di Alì Babà, piena di vecchie cose trovate, e con un fondo un tavolino per disegnare o dipingere. Dipingere già mi tira di più perché è una cosa più vaga. O seduto in al bar davanti al mare. Forse meglio. Ma questo più o meno, ogni tanto già lo faccio. Mi considero un professionista umorista naturale. Non so se per questa scelta, mi sono salvato o mi sono affondato.
Stando molto bene come sono, ognuna delle due ipotesi mi soddisfa comunque.

Questo conferma la mia ipotesi. C'è dietro "un anelito di libertà". Una cosa è diventare autore professionista, devi avere un'autodisciplina, farne un mestiere e a quel punto spesso per creare per forza si finisce per perdere creatività e follia. Un'altra è fare magari lo schiavo salariato ma mettere giù i pensieri e disegni che vuoi quando vuoi.
Seconda domanda collegata: osservando i tuoi lavori e gli esperimenti ho come l'impressione che ci sia sempre la voglia di stupire, anche nelle cose semplici, rovesciando la logica di tutto. È come se cercassi sempre il colpo più complesso sul tavolo da biliardo, quello che con dieci sponde e geometrie imprevedibili manderà la palla in buca e tutti faranno "ohhh". Oggi ancora di più, sembra più attirarti qualcosa che lascerà a bocca aperta che non un successo facile tra i lettori. È così?

[Massimo Cavezzali] Per salire o scendere dalla zattera della medusa meglio avere bagaglio leggero e funzionale. Poco e veloce il disegno e bella e forte la battuta o la frase. Ammiro chi disegna bene benissimo e chi severamente si applica per una battuta standard, ma a me ha sempre annoiato anche solo ripassare col pennarellino la matita. L'esempio del biliardo che hai fatto mi piace. E' vero tendo più di prima a tentare il colpo sotto. Palla che si muove in avanti mentre ruota all'indietro o azzeccare un ace. Mi adrenalizza assai.

(Lupo Alberto, numero del febbraio 1993)



Siamo quello che mangiamo, ma anche quello che abbiamo letto, visto, ascoltato. Di cosa si nutre Cavezzali per essere così?

[Massimo Cavezzali] Quello mi nutre ha subito nel tempo una continua selezione per la sopravvivenza. Ma ancora mi nutro di quello che ha alimentato la mia adolescenza. Partendo da Carl Barks e finendo in un minestrone di Edgard Allan Poe, i Byrds, Donovan, I Rolling Stones, Bob Dylan, Zappa, i Beatles, i Velvet, il Beat italiano, la Protesta, l' Underground, la Psichedelia, la Pantera Rosa, gli Addams, Warhol, Tamayo, Pollock, Modigliani, Baudelaire, Zabriskie Point, Easy, Rider, Il giovane Holden, Battisti, i gialli, la fantascienza, i Led Zeppelin, Winter, Hemdrix, Balthus, Bacon, e vai e vai compresi tutti quei libri, fumetti, dischi, comprati, buttati e ricomprati per pentimento infinite volte negli anni.
Col tempo si sono aggiunte moltissime altre cose, ma sono state sempre meno quelle che hanno lasciato un segno durevole. Magari tracce, anche importanti, ma non più solchi. A parte Vasco Rossi. Voglio nominare anche Baggio per affetto . Per fantasia. Anche adesso continuo così, compro, sento, vedo, leggo, butto, tengo. Nel recente i Baustelle, Mark Kyden...nel recentissimo i Fleet Foxes, Franzen...

(Condivido il piacere per i Fleet Foxes disco di terribile e ruffiana bellezza, ma purtroppo parlare di musica ci porterebbe fuori tema).
Mi hanno infilato in tasca dei bigliettini con delle domande per te, un po' maliziose, tendenziose e cattivelle. Posso proportele e ti dimostrerai superiore rispondendo a tutte?


[Massimo Cavezzali] 
Ti dimostrerai superiore dicendomi chi ti ha infilato i bigliettini? Se si, rispondo a tutte.


Allora, in ordine sparso. Una casalinga dai dintorni di Voghera ci scrive: "Signor Cavezzali ma nessuno le ha mai detto che il suo omino somiglia troppo a quello di Mordillo?" Una contadina della provincia di Pavia: "Come diavolo fa ad essere ispirato da quel vecchio laido e inutile di Vasco Rossi?". Un'altra che si firma "fan ansiosa": "le frasi geniali che vignettizza [sic] su Facebook le metterà in una raccolta (che comprerei) o sono invece sono vecchie e fanno parte di una raccolta di aforismi Cavezzaliani uscita mille anni fa?" Un signore suo vecchio estimatore da Firenze:(forte accento toscano, c dura buttata nel gabinetto 50 anni fa) "è vero 'he, a differenza dei comuni mortali 'he al massimo ci ospitano qualche mostro, sotto il suo letto ci sono decine di 'asse di giornalini frutto di progetti bislacchi e folli mai andati a buon fine?". Un fedele lettore di Balloons: "ma davvero chiede al bar un bicchiere di acqua minerale mezza gassata e mezza naturale? Lo fa perché le piace essere stravagante? Non fa un po' schifo da bere? ".

[Massimo Cavezzali] a) E' la maledizione del 9. Ogni 9 anni nasce un disegnatore che fa i nasoni. Nel 1923 è nato Jacovitti. Nel 1932 Mordillo. Nel 1941 Bonvi. Nel 1950 io.
b) Questa è una altra maledizione. Quella dei nati sotto il segno dell'acquario. Vasco Rossi ed io siamo nati a pochi giorni di distanza, pochi anni di distanza, pochi chilometri di distanza, pochi centimetri di differenza. Tutto in più a mio favore ovviamente.. Tutti laidi e inutili. E' una confraternita.
c) Le frasi geniali sono tutte nuove. Le frasi sceme sono quelle vecchie. Ho preferito differenziarmi per distinguere i due periodi. Ci farò un libro…forse, si forse.
d) Progetti bizzarri, folli e bislacchi ne ho fatti tanti. Andati a buon fine, pochi. Portato fortuna, tanta! Non solo a me, ma anche ai disegnatori che ci hanno partecipato. E soprattutto agli editori. Una buona scusa per chiudere e rifarsi una nuova vita senza pagare mai nulla a nessuno. Per la mia capacità di ideare nuove riviste destinate al fallimento immediato sono stato cercato. Perché non è mica facile. C'è sempre qualche bischero che compra qualsiasi cosa e che così, tenendoti a galla ti inguaia.
e) Mai chiesto un bicchiere d'acqua mezza gassata e mezza naturale. Sempre e solo, mezza naturale e mezza gassata.

Chapeau, risposte in perfetto stile Cavezzali. Provo a fartene una più cattiva io e riguarda Kika, la striscia che realizzi in società con Andrea Camerini. Ne abbiamo parlato tempo fa con una recensione. Più guardo quei due gatti Kit e Kat - mi piacciono tantissimo - più mi sembrano i cugini felini del Palmiro di Ciantini, tuo grande amico e compare in tanti progetti. Per minimalismo e sintesi del segno potrebbe persino averli disegnati lui e allo stesso tempo sono lontani dal tuo stile e direi anche da quello di Camerini. Quanto c'entra davvero Ciantini nella progettazione di quei mici, forte influenza, consigli, imbeccate?

Kika di Cavezzali e Camerini

[Massimo Cavezzali]  Kika nacque come un progetto di Ciantini e Camerini. Io in quel periodo non c'ero. So che Ciantini ideò il nome Kika, e Camerini realizzò graficamente i personaggi. Fare una striscia giapponesizzata, credo fosse questa l'idea. Dovevo fare i testi, ci si trovò un po' di volte in un bar di Firenze ma la cosa non partì. Anni dopo proposi a Camerini di provare a fare questa striscia dimenticata. La mandai a Lupo Alberto ma non piacque. Dovetti insistere, rinunciando a cose mie per riuscire a metterla. Bischero, direbbe qualcuno. E invece no. Piano piano la apprezzarono molto anche loro. Delle 2000 strisce uscite, io ho fatto tutti gli schizzi e i testi (esclusi quelli fatti da Camerini), dando alla serie una sua dimensione abbastanza particolare. Camerini ha disegnato tutte le strisce.


2000 tavole solo di Kika, poi un'infinità di altre serie di strisce, di vignette, delle storielle della papera Eva, di copertine, schizzi ecc. In questi 40 di disegno umoristico (sono circa 40 no?) devi aver accumulato un archivio immenso, anche grazie alla facilità creativa agevolata da un disegno semplificato e svelto. Quelli che si onorano di essere tra i tuoi "amici" su Facebook negli ultimi due anni ti hanno visto pescare e scodellare disegni diversi ogni giorno a un ritmo pazzesco. Ma esiste un archivio, una classificazione di tutta questa roba, oppure è il caos? Conservi con cura tutti gli originali?

[Massimo Cavezzali] Mi sembra che siano 35 anni. Sarebbe un archivio immenso, ma io non sono un archivista, anzi sono sempre stato poco preciso. Molti originali non sono mai tornati indietro dalle riviste ( ad esempio tutti gli originali colorati di Ava pubblicati sul Grifo), molti direttori di giornali mi hanno sempre chiesto: posso tenermi questo, posso tenermi quello.... e così via. Poi cambi di case, di cose, di chiese. Ho una parte degli originali, ma solo una parte. La maggior parte è nel bagagliaio della macchina. Può far ridere, anzi, fa ridere anche me, ma è così. Però avendo pubblicato una ventina fra libri e varia, posso riprodurre una grossa parte di quello che ho fatto. Poi disegno sempre e quindi le cose odierne, veloci veloci, semplici semplici, hanno già riformato un corpus cospicuo di fogliacci. Comunque diciamo che è sempre caos, ma organizzato meglio di una volta. Circa Facebook quello che tu chiami ritmo pazzesco in realtà è solo quel poco che riesco a fare dati i tempi che ci dedico.
La mia idea, sarebbe quella di realizzare una specie di "ansa comics", come le notizie ansa, però fatta di frasi. vignette e strisce, inserendo cose, commenti alle situazioni, frasi e stronzate a ritmo continuo, ogni pochi minuti, 24 ore su 24.

Massimo Cavezzali
Lucca Comics 30 ottobre 2009

Interessante l'idea di un Ansa comics, anche se non me l'immagino legata all'attualità vista la tua refrattarietà ai temi di cronaca.

In realtà vorrei parlare di originali. Anche perché mi è sembrato di intuire che tu abbia al riguardo una posizione particolare ora, so che non li concedi facilmente e comunque attribuisci loro un valore superiore a quello del mercato. Non so se hai visto il film, ancora nelle sale in questo periodo, 
"Senza arte né parte" di Giovanni Albanese. Sotto forma di commedia si gioca sul tema serio della riproducibilità dell'arte contemporanea (una banda di sfigati si reinventa un mestiere come facili falsari) puntando a dimostrare che quel che conta oggi (diversamente forse da un tempo) è l'idea, non l'oggetto o il supporto della prima creazione. Tu stesso hai appena detto che è uno scherzo rifare le tavole pubblicate e perse di un tempo e forse in tanti bravi disegnatori possono rifare un "Cavezzali" dato il tratto molto semplice. Quel che non possono però fare è il tuo magistrale spunto creativo. E allora perché dare tanto peso agli originali? Forse la domanda bisognerebbe porla a un collezionista folle come Giuseppe Scapigliati.


[Massimo Cavezzali] Do ai i miei originali un valore alto perché riesco a guardarli con occhio distaccato. Perché li ho già fatti. Mentre li faccio invece, tutto cambia. Li considero anche niente.
Regalarli, cambiarli per un bicchierino di assenzio o stracciarli è uguale, no? La valutazione non è una cosa che appartiene a quel momento.
In quanto a rifare un disegno come il mio…non so, secondo me, pur essendo semplice, è molto meno facile da riprodurre di come sembra.

A proposito di disegno semplice, è vera la voce messa in giro che qualche volta, solo qualche volta, avresti "preso provvisoriamente in prestito" (rubare mai, non sta bene dire così) pezzi di disegno altrui?

Si, da Ciantini...da Burns anche e sicuramente da qualcun altro. Adoro il bric e brac. Mi piace come gli altri fanno le sveglie, gli stadi, i lavandini, i tubi, i chiodi e tutta quell'oggettistica che nel bel tempo che fu mi piaceva usare. Come Bob Dylan che pescava frasi poetiche di qua e di là. "Dammiti e prenditi, cuccuruccù" come diceva Brancaleone. Non molti mesi fa, a casa di Contemori, presente a testimone fidato Scapigliati, dissi a Lido che le sue vignette erano una miniera di oggettistica.


Massimo Cavezzali
Cavezzali, Staino, Contemori e Rossetti 1982



Comunque sia, in realtà ti piace aprire collaborazioni, abbiamo citato Camerini, c'è James Hogg, con Ciantini oltre che diversi fumetti hai scritto a due mani un paio di gialli serissimi. Ti si potrebbe definire un solitario socievole: per indole individualista, giri molto per i cavoli tuoi per le lande toscane, a seguire passioni, mercatini, letture, cibi, vini e musiche. Ma anche pronto a collaborare con altre forti personalità, fare band e non più il solista se c'è la scintilla giusta. Ma com'è condividere le idee con altri, una piacevole fatica? Uno stimolo in più?

[Massimo Cavezzali] Solitario si. Ma anche "ho camminato a lungo senza meta, finche ho sentito cantare in un bar" come diceva Battisti. Mi è piaciuto collaborare con autori, magari in quel momento non molto conosciuti e mi è piaciuto anche dare qualche possibilità. Nel periodo Comix mi ha divertito l'idea di vedere come veniva Ava disegnata da altri. Anche perché mi faceva fatica farla. Tutte e due le cose. E così Ava è stata disegnata da Zueneli, e anche da Camerini. Se le rivedo non mi dispiacciono. Interessante l'esperimento "Paperi e Papere" con Ciantini, abbinare Ava e Palmiro. Ne sono venute fuori cose carine e anche due libri. Anzi quattro. E molte vere risate. Con James Hogg ho realizzato una storia di Ava lunghissima . Con Camerini collaboro ancora per Kika, i ruoli sono abbastanza netti. Condividere le idee con gli altri è bello, ma l'adrenalina dura finche dura, e poi si perdono pezzi per strada, alcuni anche importanti, e ad un certo punto devi per forza tornare indietro da solo a recuperarli e rimontarli. Ed è una fatica.

Schulz visto da Cavezzali
Decennale dalla scomparsa di Schulz visto da Cavezzali


Ti propongo una riflessione sulle comic strip, sulle strisce (ma si può estendere pacificamente alle vignette). E vorrei fosse emotiva più che razionale. Quando una comic strip è bella davvero? Da guardone di lungo corso oggi una striscia non mi attira più tanto solo per la gag oppure il disegno spiritoso o magnifico. Fumetto rapido e sintetico, mi piace davvero quando mi stupisce, quando la magia della combinazione di disegno e testo sorprende e spiazza anche solo un po' oppure fa vedere le cose diversamente. E magari pensare.
In genere evitiamo su Balloons la domanda, così come classifiche, hit parade, voti e stelline, armamentario molto amato nel web, ma a te - hai attraversato decenni in questo genere di fumetto - è piacevole e in un certo senso distaccato chiederlo. Quali strisce, quali autori davvero ti hanno emozionato o sorpreso in passato? Quali oggi? In Italia e nel resto del mondo.

[Massimo Cavezzali] Una risposta emotiva? Allora veloce. Chi mi ha colpito allo stomaco sono stati solo i Peanuts e B.C. Da ragazzino raccattavo sulle bancarelle tutti gli Urania solo per leggere la striscia di B.C in fondo. Prima le strisce, poi i mostri spaziali. E i Peanuts quando li ho visti sul primo numero di Linus, hanno cambiato la mia vita perché poco dopo mandai qualche striscia a Linus e me ne pubblicarono una nella posta dei lettori. .Ma ero un ragazzino , tra i 13 e i 15 anni. Pur piacendomi molte cose e apprezzando molti autori, dopo niente mi ha più fatto quell'effetto magico. Né ieri, né oggi.

Poi più niente su Linus? Hai pubblicato su quasi tutte le riviste simili ma mai su quella. Si può vedere quella prima striscia pubblicata nella posta dei lettori?

Quando ho pubblicato quella mia prima striscia su Linus avevo 15 anni. Avrei potuto dire che ne avevo 18. Ma lasciai perdere. Certo che si può vederla.

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[Apriamo una parentesi quadra, retroscena della conversazione: un filo di panico comincia a diffondersi perché trovare quella prima striscia sembra diventato essenziale per pubblicare l'intervista, tutto non ha più senso senza. "Ho buttato all'aria il bagagliaio ma non trovo quel numero di Linus. Eppure ce l'ho, ma chissà dove, in quale casa, in quale posto. E me lo ricordo anche bene, anno 1965, copertina fucsia, Snoopy vestito da guardia inglese col colbacco in copertina...tu ce l'hai? Pagina dei lettori, penultima di copertina. Mi piaceva anche a me rivederla...dai Max... trovala...". Ho quasi quattro decenni di Linus raccolti, ma non quel vecchissimo numero della prima annata. Devo cercare aiuto, per fortuna qui su Balloons non mancano quelli che ci respirano con le strisce. Pausa. Lo tira fuori Stefano Frassetto, il quale si noti bene manco era nato quando quel Linus uscì, e questo vi racconta tutto. Arriva la scansione. Che salva l'esordiente disegnatore del 1965 attualmente con l'archivio in una autovettura. "Ooooh che meraviglia... è la mia nascita..."]


prima striscia, Linus 1965
prima striscia, Linus 1965, pagina dei lettori

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Torniamo al felino sempre ben aggrappato ai testicoli, ovvero la voglia di comunicare. Negli ultimi due anni sei diventato un "facebookiano" praticante. Amici ora a quota 2250, aforismi, frasi bislacche, vignette, schizzi, strisce, roba antica come nuova, tutto mandato in condivisione più volte ogni giorno. Uno spasso davvero per il gruppo che ti segue lì. So che la consideri una zona web per sperimentare.

Ma non è uno
strumento un po' anomalo per comunicare? Facebook è una sommatoria di ego, tutti messi sullo stesso piano. Era nato per mettere in relazione comunità con stesse attività o aeree di interesse. Ma il vezzo di collezionare amici come figurine ha stravolto il mezzo. Lasciamo stare il discorso, ormai ovvio, che amici non sono, questo si sa, non credo tu (come altri) possa anche ricordare tutti i 2200 della tua lista. Hai idea di come appaia una bacheca di una persona con "solo" qualche centinaio di amici? I tuoi messaggi, il pregevole artigianato fumettistico, appaiono mischiati assolutamente alla pari con tutte le carabattole web copia incollate, le massime banali da calendario di frate indovino, le bufale rimpallate senza fine, gli appelli per tutte le cause del mondo, i giochini, il centesimo commento sulle cazzate di Berlusconi. Basta mezza giornata, anche meno, e i tuoi contenuti scompaiono sommersi da altri. Crea l'illusione di una facile claque, e allo stesso tempo non è universale: solo i tuoi "amici" possono vedere quel che mostri, a differenza di un blog, un sito o un altro qualsiasi medium dove potenzialmente può arrivare un qualsiasi nuovo lettore. Insomma, tutto questo farà felice Zuckerberg e i suoi inserzionisti ma Facebook non è un mezzo un po' limitato e improprio per chi ha davvero qualcosa da comunicare?


[Massimo Cavezzali] Facebook mi permette di fare una piccola trasmissione radiofonica, come la chiamo io. Inserire cose, vecchie, nuove, appena fatte, in un brevissimo spazio di tempo. A volte anche inventandole lì per lì. Non uso quel mezzo per chattare, fare conoscenze o altro. Anzi, dico pochissime cose ad accompagnamento dei disegni. Però in cinque minuti, capisco subito se quello che ho messo piace, funziona o no. E' una opportunità che ai disegnatori di fumetti è sempre stata negata. Il responso immediato. Come su un palco. Pur nel suo evidente limite è una esperienza utile e divertente e un ottimo posto per sperimentare. Se poi tutto questo è divertente anche per gli altri, meglio.

E ora la domanda finale, quella universale. So già che la volevi e ti garba per la sfida. Che si prova a cercare di comunicare con i fumetti?

[Massimo Cavezzali] La domanda che mi sarebbe sempre piaciuto che qualcuno mi facesse. Anche se non ho mai saputo cosa avrei risposto. Comunicare coi fumetti. No fare fumetti che è un altra cosa. Felicità e disperazione. Felicità perché il mezzo è leggero, semplice, portatile, veloce. Disperazione perché è fragile. A volte te lo senti anche stretto. Inadeguato. Non puoi fare la grande struttura narrativa, non puoi fare Joyce e Franzen. Non puoi nemmeno coprirti di colori e lasciarli gocciolare sulla tela. Non puoi pasticciare il foglio. Non puoi fare Pollock. E neanche meno di meno. Non puoi rappresentare bene un malessere. Non puoi fare semplicemente l'umorista. O il bel disegno. Soddisfa la vanità, ma non va oltre. Niente serve se quello che fai non ti porta più in là. Chi l'ha detto aveva ragione. E alla fine ti rendi conto che forse col fumetto puoi fare un altra cosa. Sparare un colpo. Un colpo in canna. Alla pari con chi legge. Ho ritrovato l'eroicità. Un duello come nel Far West. E questo mi ha riappacificato col fumetto.




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mercoledì, aprile 14, 2021

 

Ciao Enzo

 


Enzo Scarton, uno degli autori di comic strip pubblicati su Balloons, è scomparso. Il 27 novembre dello scorso anno, poche settimane dopo la perdita della moglie, compagna di una vita. Ne abbiamo avuto notizia solo ora. Riservato e schivo, lui come la sua famiglia, se n’è andato nel silenzio.
Forse si comincia a morire un po’ prima, un poco, giorno per giorno, di certo si continua a vivere dopo nel ricordo di quanti si sono divertiti con quello che hai creato. Autore di culto dell’epopea Comix, Enzo non avrebbe di certo amato molta retorica in un “coccodrillo” a lui dedicato. E allora abbiamo scelto di far parlare lui per raccontarci qualcosa dei suoi fumetti e della sua vita.
Ma prima una piccola premessa.

Scarton visto da Giuseppe Scapigliati

Scarton


Dovete sapere che uno degli ultimi suoi sogni era pubblicare una raccolta delle sue migliori strisce. Aveva persino ripreso a disegnarne nuove per Balloons. Era un grafico talentuoso, ne costruì una. Perfetta, bellissima. Mi chiese di scrivergli una prefazione. A sue spese ne fece stampare una cinquantina di copie, ovviamente fuori commercio, senza ISBN e distribuzione, non si può neanche parlare di autoproduzione. Con quelle copie cercò senza fortuna un editore. I tempi erano ormai mutati, internet si fuma e divora la carta e ancor più i fumetti che ci vivevano sopra. Però sarebbe bellissimo se un editore rendesse onore al talento di Scarton pubblicando e distribuendo il libro (magari Comix che era la sua casa). È già pronto, con impaginazione, grafica, testi e trovate divertenti. O forse no, ci aggiungerei qualcosa. Sarebbe bello che gli autori che hanno condiviso un pezzo di strada con lui gli dedicassero una striscia tributo. Come ad esempio questa di Ciantini (è noto che Sauro usa mandarsi avanti con il lavoro). E che magari queste strisce tributo si aggiungessero alla fine del libro di Scarton.

Tributo di Ciantini a Scarton

Il libro, oltre alla mia prefazione che leggerete in coda a tutto, contiene un’introduzione nella quale Scarton si racconta un po’. Eccola. Come promesso, passiamo la parola a lui.

FUMETTARI SI NASCE

Quando, alle medie, l’unica volta che mia mamma venne a scuola per sapete come andavo negli studi, chiese speranzosa alla professoressa: Come va mio figlio, bene? Cosa fa? Imbarazzata quella rispose: ecco cosa fa. E ribaltò il registro di classe dal quale piovvero un miliardo di foglietti zeppi di schizzi, disegni, insomma di fumetti.
Mia mamma, santa donna, allora scoppiò a piangere e smise da quel momento di occuparsi del mio rendimento scolastico. Mi fecero comunque studiare, e una volta finito l’istituto Nautico, mio papà, anche lui speranzoso, mi chiese quando avrei incominciato a navigare per portare a casa un po’ di soldi visto che c’era alquanto bisogno (dovete sapere, che in quegli anni lì, chi navigava beccava un sacco di soldi).
Risposi che no, non avrei navigato, perché avevo trovato uno che mi aveva chiesto se facevo cartoni animati con lui; e che non avrei neanche guadagnato un gran che.
Lui, papà, con le manone da idraulico sul tavolo, mi fissò per mezz’ora. Poi disse rassegnato: va bene. Fai quello che vuoi tu.
Fu il più bei regalo di tutta la mia vita.
Così incominciai a disegnare cartoni animati con Romano Scarpa e la sua gang. All’inizio disegnavo solo i fondali, poi disegnavo la scomposizione dei movimenti dei personaggi, poi finalmente, mi inventavo i personaggi. Tutto in stile Disney.
Imparai molto: di carrellate, di primi piani, di montaggio, ecc.
Intanto lo studio di Romano, carissimo amico, si trasformò lentamente in studio pubblicitario. Incominciarono per me nuovi stimoli e nuove esperienze nel campo della grafica, dei marketing, della comunicazione fino a che, nei ‘70, finii alla Stock di Trieste per fare il Direttore creativo dell’Ufficio pubblicità aziendale.
Ho fatto quel mestiere, bellissimo, per quasi trent’anni e i miei genitori si misero il cuore in pace.
Mi guadagnavo da vivere, mi ero sposato, avevo una figlia.
Tutto come Dio comanda.


I MIEI FUMETTI

Di straforo però continuavo a disegnare fumetti perché è un mondo libero: non hanno regole, nessun vincolo di stile, di idee, di linguaggio. Con i fumetti puoi esprimere i tuoi punti di vista su qualsiasi argomento senza dover renderne conto a nessuno. Così, quando pubblicai il mio libro Le Crociate per la Glenat, chiesi all’ editore se ci fossero dei limiti di qualche genere al contenuto che avrei voluto metterci dentro. Disse di no. Magnifico.
Poi collaborai con Comix. Per anni. Una parentesi formidabile, con persone intelligenti, preparate e pure simpatiche. Caso raro. C’eravamo tutti, proprio tutti quanti. Potrei parlarne per ore, di quell’euforia collettiva.
Anche i fumetti, comunque, sono comunicazione. L’importante è avere qualcosa da dire.
Qualsiasi cosa. Sulla politica, sull’amore, sulla giustizia, sull’opportunismo, affetti, scuola: insomma su tutto.
Da pubblicitario direi che un fumetto per avere successo dovrebbe avere al massimo due o tre personaggi protagonisti. Il lettore tende ad affezionarsi rapidamente ad un personaggio protagonista e alle sue storie. Come nelle serie televisive.
Io ho fatto l’esatto contrario. Non so perché. Forse mi sembrava monotono usare sempre gli stessi personaggi e le stesse ambientazioni. Mi stufavo.
Cosi sono nate le serie di Ombre Rosse, Le Crociate, Il Corsaro Nero, Kosmo (giustiziere del), zzZorro, Dottore mi salvi, Viva Venezia e Viva l’Italia, Gothica, Ciak si gira, Advertising,ecc.
Per non dire cazzate però ho dovuto prima studiare a fondo tutti gli aspetti (modi di vivere, arte, costumi, armi, ecc.), della storia americana, delle Crociate, della conquista dello spazio, dei pirati e corsari, della rivoluzione messicana, del mondo del cinema e così via, per poi scombinare il tutto e dare la mia versione delle vicende, inventando e rimescolando i nomi e le date senza un filo di pudore né di logica.
Ho scelto un formato molto sintetico per realizzare i miei fumetti: mediamente una, due o al massimo tre inquadrature con le battute ridotte al minimo, I personaggi sono ripresi sempre di fronte e a mezzo busto.
Chissà perché ho cominciato così e non ho più smesso. Probabilmente condizionato dalla pubblicità, che deve essere assolutamente sintetica, o dalla mia pigrizia. E i personaggi delle mie strisce sono tanti, anche troppi. Mi diverto ad inventarli e poi spesso manco li uso.
Comunque tutto fa brodo. Il calderone dei fumetti deve essere sempre in ebollizione: idee, idee, idee, nate per divertimento e magari anche per strappare un sorriso a chi ha l’occasione di leggerli.

Enzo Scarton




I fumetti di Enzo Scarton - Copertina
I fumetti di Enzo Scarton
Copertina


Enzo Scarton, pubblicitario e fumettaro.

Di Enzo Scarton sino a qualche anno fa non c’erano tracce sul web, avevi voglia a digitare il nome su Google. Noi di Balloons, blog dedicato alle strisce umoristiche, gli davamo la caccia da un bel pezzo. Avevamo rintracciato tutti i suoi compagni di ventura dell’epopea del settimanale Comix. Lui no.
Un giorno si manifestò via mail. Aveva letto in una scheda di presentazione del blog che il desiderio di uno degli autori era di incontrarlo. Così, anche per scaramanzia, decise di farsi vivo.
E in realtà era vegeto anche come disegnatore di comic strip. Già prolifico anche nell’epoca d’oro delle strip, non aveva in verità mai smesso. Persino senza un pubblico di lettori perché, come ci ha raccontato, “disegno prima di tutto per me e poi se le mie cose piacciono anche ad altri, meglio”. Schivo fino all’inverosimile, durante questo tempo non si era curato gran che di tutto questo affannarsi e mostrarsi sul web.
Visto che su Balloons sarebbe stato tra l’altro anche in buona compagnia, decise di esserci anche lui realizzando una nuova serie di strisce (Advertising), ironizzando su un mondo che conosce molto bene.
Parodie storiche e gag studiate meticolosamente nei riferimenti. Specie da quando, dopo aver pubblicato una strip in cui sfotteva i Mormoni (non si divertono, non bevono, non scopano, ecc...), gli scrisse una mormone sicula (non abbiamo mica solo le casalinghe di Voghera), facendogli notare che quelli in realtà sono gli Amish.

È uno stile unico nel mondo delle strip dove in genere vige il dogma del cast ben definito: cento comparse che ti guardano dalla carta dritto negli occhi, satira sociale e politica, disegno semplice ma anche ricco di particolari, battute al vetriolo e cazzatone micidiali sparate senza pudore ad alzo zero.

Dimenticavo: diverse serie e quindi mutazioni di scenario continui, perché guai ad annoiarsi.
Ben tornato Enzo.

Massimo Olla - - Balloons Il blog delle comic strip


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giovedì, gennaio 04, 2018

 

Il ritorno della zitella che parlava alle papere


Inkspinster "Confessioni di una zitella"

A distanza di ormai nove anni dalla precedente raccolta, arriva un nuovo libro con le strisce di Inkspinster, pubblicato da Comma 22. Molto atteso dagli appassionati cultori della zitella d’inchiostro. E di inchiostro nero ce n’è ancora tanto per disegnare e raccontare scemenze, cattiverie, papere e volpi ma quel che colpisce di più, a un primo impatto, è l’esplosione di colori. Un technicolor da arcobaleno pastellato che potrebbe essere uno choc per chi confrontasse questa con la precedente raccolta pubblicata dalla Grrrzetic nel 2008. Esaurita nel giro di pochi mesi e mai ristampata: così si fa con gli autori di culto, li si lascia a sventolare in campagna, che in questo modo non si montano la testa e rimangono più creativi, e peggio per chi non si è procurato il libro. Ma dicevamo del colore. L’evoluzione è stata progressiva, in realtà diventata familiare a chi ha seguito in questi anni Inkspinster  sul web.  Deco ha preso sempre più confidenza con la tavolozza. Ora si diverte ad usarla per narrare così come aveva sempre fatto manipolando il lettering per dare tutte le intonazioni immaginabili ai dialoghi e al racconto della voce fuori campo . In questa piccola arte delle comic strip, dove te la giochi in pochi quadretti, tutto serve, specie se hai molta voglia di dire.

Agli appassionati Inkspinsterologi , interessati all’evoluzione dei quadretti infiocchettati  da Deco, abbiamo riservato una chicca in fondo alla presentazione. Una striscia storica della primissima raccolta di Inkspinster del 2003 (diffusa con riti esoterici da una casa editrice che si chiamava Lilliput e stampava “on demand”, su richiesta, ovviamente introvabile e rarissima, ma vogliamo tornare ancora sull’argomento? Facciamo da bravi). La striscia ritorna in una versione radicalmente rivista nella raccolta appena uscita. Il confronto dice tutto, più di mille parole, su un autrice che aveva uno stile inconfondibile sin dall’inizio e pure continua a evolversi.

Ora però dobbiamo raccontare un poco Inkspinster per quei milioni di sciagurati lettori di fumetti che ancora non sanno niente della striscia (e del  talento) numero uno nelle comic strip italiane.

Visionaria, ironica, fuori moda, poetica, naïf, cattivissima e tenera. Inkspinster è tutta questa roba assieme, lascia un assortimento di retrogusti. La piccola alter ego di Deco è fondamentalmente una disadattata in un mondo tanto più grande, complesso, incasinato e in apparenza molto cazzuto. O almeno, molto più di lei. Per questo Deco la disegna sempre piccolina, com’era piccolo il Paperino di Al Taliaferro di fronte a un universo incombente e sovrastante. Leggete la storiellina iniziale dove si racconta il suo viaggio a Lucca Comics per ritirare un premio nella categoria “ Disegni che li potevate fare anche meglio ma per questa volta passi”. C’è dentro tutta la filosofia carica di autoironia della striscia.

Inkspinster è adorata dagli addetti al culto perché è un’eroina sfigata capace di far ridere di se stessa, discendente degli altri campioni storici della goffaggine  nel mondo dei comics, da Donald Duck a Charlie Brown. Lei, come racconta in un’altra tavola Madame Inkcasinologa (una presunta esperta, sosia del personaggio, che spiega le cose del mondo) è un opossum nell’affrontare i problemi della vita. Gli altri sono leoni, lupi, aquile, lei si finge morta.

Dentro Inkspinster c’è anche l’amore per la campagna dove vive l’autrice che regala  voce e scena  a papere dispettose, inopportune e pettegole, volpi attonite, gatti sardonici, galline dai facili innamoramenti, coniglietti, uccellini e altro bestiario. C’è il resto del mondo, quello dei vip e delle mode, da questa prospettiva raccontato e sbeffeggiato. Senza pudore:  si sprecano le telefonate con domande squinternate a George Clooney o Brad Pitt. Che a Inkspinster rispondono subito ma se ci provate voi manco il numero trovate.

 Ci sono gli uomini, che, ça va sans dire, sono un’ossessione per le zitelle. O meglio, l’uomo, l’unico amore, irraggiungibile soprattutto perché non vuole farsi raggiungere da una sciamannata come Inkspinster , un hard rocker terrificante ispirato a Marilyn Manson. Di giorno lavora in una falegnameria che si chiama, ma guarda il caso, Marilyn Mensola. Da un decennio ha preso il ruolo di insano oggetto del desiderio al posto di Pasticcino, un ingessato poliziotto narcisista con un cappello da nazista (e anche questo vi dice molto). Ma temiamo anche il dottor Muffa sarà destinato a sparire, perché la donna è mobile e la zitella ancor più. Tutto questo chiarisce molto a voi single dilettanti e lagnose.  La vera zitella doc aspira a un uomo marcissimo, lontano mille miglia da sé, perché tale vuol rimanere e perché altrimenti non c’è gusto a piangere. Fine della lezione di psicologia, andiamo avanti.

Ci sono gli amici, in realtà poco più che delle spalle umoristiche, sponde talvolta necessarie per l’esuberante protagonismo di Inkspinster. Che recita cento parti, fa la voce narrante o interpreta esilaranti ruoli da esperta. Non è una striscia di personaggi, né la zitella è molto socievole. Le sue amiche, come racconta, sono solo quelle che riesce ad ascoltare per più di cinque minuti senza desiderare di colpirle forte in fronte con un badile.  Vi abbiamo detto che è un tipetto difficile? Beh, ve lo diciamo adesso.



C’è infine il disegno dal tratto personalissimo e inconfondibile, non assomiglia davvero a nient’altro di conosciuto. Negli anni qualcosa è arrivato anche dalla esperienza  dell’autrice nelle illustrazioni sognanti e ironiche: lo si può notare, ad esempio, nel rimodellamento surreale delle figure dei  personaggi (se per disgraziata ipotesi ignorate l’attività di illustratrice della Decontardi, guardate il portfolio sul suo sito e rifatevi gli occhi). C’è la passione per certi disegnatori della vecchia scuola inglese, per il Tim Burton fiabesco e gotico, per i cartoni russi e cecoslovacchi. Tutta roba di cui Deco si è nutrita e che ritorna qua e la nelle vignette. C’è la predilezione per un mondo di cose antiche ed eleganti , merletti e legno, pennini e calligrafie, carte e parati, che non è scomparso del tutto. Le tavole sono stracariche di  particolari, Inkspinster non è certo una striscia minimalista, ci si sofferma tanto a osservare e ridere sui dettagli. Eppure, ed è una bella impresa, il risultato è oggi una nitidezza leggibile anche con le miniaturizzazioni richieste  dalla diffusione sul web o su supporti come i cellulari.

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Bene, siamo arrivati alle istruzioni per l’uso.

Se volete sapere di più su Deco consigliamo un solo link su tutti: l’intervista realizzata da Sauro Ciantini su Balloons  qualche anno fa ma del tutto attuale. Il papà del piccolo papero Palmiro ( anche lui gran talento dopo l’epopea di Comix lasciato a sventolare sulle colline del Mugello, tanto per rimanere in tema di disegnatori negletti) le pone le domande giuste e un po’ riesce a tirare fuori l’anima e la storia di Deco. Non ci troverete riferimenti agli spunti reali di vita dai quali nascono le strisce, brutti figli di portinai curiosi, ma davvero molto sull’autrice. Clic sul link, non vi deluderà.

Se volete procurarvi il libro appena pubblicato dalla Comma 22 dovete darvi un po’ da fare perché al momento la distribuzione, dopo la presentazione a Lucca Comics, ha incontrato qualche difficoltà e insomma non lo trovate proprio sotto casa. Ma siamo certi che appena partirà il passaparola la situazione migliorerà. Una buona strada è ordinarlo su Amazon .  Spesso le copie sono date per esaurite ma il riassortimento è veloce, potete fare l’ordine anche se non viene dato come disponibile .  Oppure su questa pagina di Comma 22 su Fumetto Online
Altrimenti lo potete chiedere o prenotare  in qualunque libreria o fumetteria dando i riferimenti che trovate qua sotto. Non urlate il sotto titolo “confessioni di una zitella” per non turbare gli altri clienti che potrebbero scambiarvi per frequentatori della letteratura da mezze centinaia di sfumature. Bella sfida quel sottotitolo :-)



Editore: Comma 22 ISBN-10: 8865031204 ISBN-13: 978-8865031209


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E ora le due tavole promesse agli inkspinsterologi. È una striscina intrisa di malinconica ironia rivisitata dopo 14 anni. Niente parole in più come detto, le due tavole raccontano tutto. Vi dico solo che anche la prima antica è ancora molto bella.
E adesso, se potete, scatenate il passaparola, che non abbiamo voglia di aspettare altri dieci anni per rivedere su carta la zitella che parlava alle papere.



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